La Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza 660/2020 pubblicata il 7 luglio 2020, ha confermato la decisione di primo grado con la quale erano state accolte le domande formulate da un nostro cliente che richiedeva il risarcimento del danno subito a seguito di un comportamento illecito del proprio promotore finanziario. La sentenza contiene alcuni spunti interessanti e ribadisce dei concetti che in questa tipologia di contenzioso, fondata sulla responsabilità oggettiva dell’intermediario ex articolo 31 Testo Unico della Finanza, sono oramai dei capisaldi. Per chi fosse interessato ad avere copia integrale della sentenza della Corte d’Appello di Ancona, sarà sufficiente richiedermela via email.
Di interesse generale è la conclusione a cui è giunta la Corte anconetana in punto prescrizione, statuendo che: “non si può che condividere il percorso motivazionale seguito dal giudice di prime cure che correttamente ha individuato nella data del 19.11.2009, di ricezione da parte degli appellati, per il tramite della comunicazione di riscontro di XXXX, del riepilogo delle operazioni di investimento e disinvestimento effettuate a loro nome e la consistenza residua del portafoglio investimenti ( cfr. doc. n.80 in memorie 183 6° comma c.p.c. 2 termine parte appellata in fasc. primo grado), il momento in cui gli odierni appellati hanno avuto effettiva contezza del danno loro derivato per i fatti posti in essere dal XXXXX e, quindi, il dies a quo per il calcolo del termine di prescrizione quinquennale giustamente ritenuto non scaduto alla data di notifica dell’atto di citazione di primo grado che, infatti, interveniva in data, 11.06.2013, antecedente al compimento del quinquennio”. La decisione si allinea al principio espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la decisione n. 576/2008 per cui: “ Il dies a quo della decorrenza, anche ai sensi dell’art. 2947 c.c., si collega al momento in cui il diritto al risarcimento può essere esercitato, cioè al momento in cui si è verificato il danno. Il diritto al risarcimento del danno sorge non per l’effetto della sola esistenza del fatto illecito e, quindi, della condotta (omissiva o commissiva) dell’agente, ma per l’effetto del danno che tale condotta ha causato”. Parimenti degna di nota, è anche la parte motiva dedicata alla ripartizione dell’onere della prova: “ l’onere probatorio gravante sul cliente che agisca nei confronti dell’intermediario per il risarcimento del danno procurato dalla condotta illecita del promotore, consiste nel dimostrare di aver affidato il proprio denaro, oggetto della illecita appropriazione da parte del promotore, per l’effettuazione di operazioni finanziarie che apparentemente rientravano nel campo dell’attività affidatagli dall’intermediario secondo un criterio di normale affidamento in buona fede ( Cass. Civ. n.6829/2011). Parallelamente l’intermediario ai fini dell’esclusione di tale responsabilità oggettiva e solidale nei confronti del cliente ha l’onere di provare che a quest’ultimo fosse chiaramente percepibile che la condotta del promotore si poneva al di fuori del rapporto con l’intermediario ovvero che il cliente fosse consapevolmente coinvolto nell’elusione della disciplina legale posta in essere dal promotore. In altri termini l’intermediario deve provare la chiara estraneità della condotta del promotore ai compiti affidatigli ovvero la evidente anomalia della condotta, se pure rientrante nel campo di operatività propria del rapporto fra l’intermediario e promotore”.
Segnalo anche questo passaggio relativo al concorso di colpa: “Esente da censure è anche, per quanto sino ad ora esposto, la motivazione resa dal giudice di prime cure nel rigettare la richiesta di esonero o riduzione di responsabilità avanzata dalla Banca intermediaria sul presupposto che il comportamento tenuto dagli investitori, consistito nel consegnare al XXXX assegni al portatore non alla stessa intestati, avesse colposamente agevolato, tanto da divenirne concausa, il comportamento illegittimo tenuto dal promotore finanziario. La responsabilità oggettiva e solidale dell’intermediario finanziario a fronte dell’operato illecito del proprio promotore finanziario non muta allorchè il cliente investitore abbia aderito a proposte di investimento e consegnato denaro in modo non in linea con le regole preposte all’operazione e quand’anche l’incaricato abbia agito al di là delle proprie incombenze o addirittura violando le prescrizioni impartite, purchè nell’ambito delle proprie mansioni, in quanto spetta a chi sostiene tale tesi dimostrare una piena conoscenza, da parte del cliente, dei prodotti finanziari e delle modalità di investimento, se non addirittura una collusione tra lo stesso ed il promotore, che ha agevolato l’illecito, dimostrazione che nel caso di specie la Banca convenuta, odierna appellante, non ha fornito dato che i sig.ri XXXXX non sono in alcun modo risultati essere collusi con il XXXXX avendo, invece, perso ingenti somme di denaro a causa del suo operato. Si è trattato, quindi, da parte dei predetti clienti di aver riposto pieno affidamento nella persona del promotore e della Banca per la quale lavorava, in merito alla regolarità delle modalità di investimento, sicuramente avvalorata dall’aver il XXXX rendicontato su carta intestata della società intermediaria (con rendiconti risultati successivamente falsi) l’effettuazione di investimenti in modo facilmente credibile da parte di soggetti che, per inesperienza e per l’intuitus personae caratterizzante il contratto, quale il mandato fiduciario intercorso tra gli stessi, la Banca intermediaria ed il promotore finanziario per la stessa operante, non erano nelle condizioni di rendersi conto che tali rendicontazioni costituivano l’artificio e raggiro che ha condotto il XXXX ad essere rinviato a giudizio per il reato di falsità in atti e truffa aggravata perpetrata, di fatto, nei loro conf-ronti
Infine, può risultare utile, in casi simili, a sostegno della domanda di risarcimento del danno morale formulata dal risparmiatore, questa conclusione della Corte d’Appello di Ancona: “Il riconoscimento del danno non patrimoniale morale liquidato, in applicazione del combinato disposto degli artt. 185 c.p., 2043, 2059 c.c. e facendo corretto riferimento al criterio equitativo, consegue alla rilevanza quale fatto di reato, non necessitante di previa pronuncia di sentenza penale di condanna, della condotta tenuta dal promotore finanziario, come sopra acclarata nei suoi elementi costitutivi, comportante un sicuro patema d’animo a carico degli investitori per effetto della subita, continuata, appropriazione indebita che li ha privati di parte rilevante dei loro risparmi”.